martedì, ottobre 31, 2006

Bollettino della neve

Sto aspettando invano l'inverno. Che poi, manco a dirlo, arriverà tutto in una volta e mi ritroverò una domenica pomeriggio a fare il fatidico cambio dell'armadio.
Sto aspettando l'inverno, non ne posso più di questo tempo incerto stazionario, di questa falsa primavera che ci illude, di questo "giro con la maglietta ma mi porto dietro il pullover?".
Voglio un tempo definito. Smettiamo di vivere in questo imperfetto metereologico che mi fa uscire fuori di testa.

Soprattutto perchè, se almeno questa cosa fosse ASSODATA, almeno avrei un punto fermo, invece di sentirmi come appesa ad uno di quesi sostegni che si trovano sugli autobus, che alla prima frenata brusca ci ritroviamo a franare addosso al vicino di turno, sperando che sia abbastanza comprensivo per lo stato di non equilibrio in cui ci troviamo.

Diciamo che al momento sono stanca di trovare punti fermi per me e per i miei. Così stanca che, dopo 3 giorni di mal di testa, il dottore mi ha prescritto un antidepressivo. Io, quella che vede i raggi di sole al di là delle nubi, sorretta da un antidepressivo!!! Be', se la dose di serotonina autoprodotta non è sufficiente a tranquillizzarmi dovrò accettarne dall'esterno...

Nel frattempo ho finito di leggere un libriccino veramente carino, utile in casi come questo, anche se avrei voluto avere almeno il tempo di metterlo in pratica (e mi sa che dalla prossima settimana lo faccio). Non è per fare pubblicità all'autore, esimio professore di "Fondamenti delle discipline psicologiche orientali" a Genova, tal GIULIO CESARE GIACOBBE (uno con un nome così doveva avere dei grossi complessi da piccino!!!), ma secondo me fa comodo leggerlo e tenerne di conto. Il titolo è semplice ed efficace: "COME SMETTERE DI FARSI LE SEGHE MENTALI E GODERSI LA VITA". E vi assicuro che per almeno i tre quarti del libro siete piegati in due dalle risate...

L'unica cosa che non mi spiego è quello che mi succede ora: ho retto durante tutto il tempo in cui le cose non andavano bene, ho tenuto duro, ho elargito sorrisi e dispensato coraggio e forza mentre il resto della famiglia sembrava sull'orlo del baratro, ed ora che le cose SEMBRANO migliorare (una polmonite è una cosa seria dopo 3 operazioni, ma di fronte al coma mi pare nulla), ecco, io sono crollata, come se avessi finito la benzina, fuso il motore, rotta la cinghia di distribuzione. Ora che IO SERVIREI INTEGRA ED EFFICENTE A ME STESSA (leggi lavoro oltre alla tesi del Master da discutere il 3 Novembre) io sono a pezzi....

Voglio una vacanza... oppure la neve, e la sua sensazione di riposo e calma, di lentezza e silenzio. E di speranza della primavera... quella vera.

lunedì, ottobre 02, 2006

Cuore di Pietra

Penso che sia quello che la gente pensa di me. Fondamentalmente non me ne importa, possono pensare quello che vogliono. Il fatto è che io ho un vero cuore di pietra a protezione di quello di cristallo, e lo maschero come se fosse di diamante purissimo.

Mio padre venerdì ha subito un’operazione al cervelletto, gli hanno tolto un tumore grosso come una piccola arancia. Benigno, pare. Operazione più lunga del previsto (se l’erano aspettato più piccolo) ma conclusa bene.
E allora perché mio padre ha avuto una crisi respiratoria ed adesso giace in coma al centro di rianimazione? Non lo sanno neppure i medici.

Mia madre è sfiduciata, mio fratello non ha avuto il coraggio di vedere mio padre con tutti i vari tubicini che gli entrano ed escono dai più svariati orifizi, anche quelli creati apposta per trovare una via d’accesso all’interno del suo corpo. I medici non ci fanno promesse, dicono solo di aspettare. Nelle ultime ore ci sono stati dei miglioramenti ma non per questo dobbiamo essere ottimisti, anzi: la cosa migliore è aspettare giorno per giorno, comunicato dopo comunicato.
Io non mollo. Continuo a sorridere. Tengo duro. Ieri sera sono stata a cantare con il coro, ho fatto ben 5 pezzi da solista, tutti dedicati al mio papà. Io non voglio aspettarmi niente ma non voglio credere al peggio. Ogni piccolo miglioramento è un piccolo miracolo che accetto con gioia. Che altro posso fare? Non mi farò abbattere dal pessimismo opportunista (meglio pensare male, così ci si fa l’abitudine) né mi faccio ingannare dal facile e naturale ottimismo nutrito dalla speranza. Io vado avanti, mulo testardo contro il vento e la neve che mi impediscono di vedere la fine della strada.

Sabato mattina, verso le 7, mi sono sorpresa ad ascoltare una voce che diceva un’Ave Maria. Non so chi era, ma l’ho seguita. E poi, il calore che mi abbracciava non lo so spiegare. Ho detto, scherzando, al mio Angelo Custode che non importava che scaldasse me, ero in grado di farlo da sola, e che era meglio che vegliasse su papà.
Io, Regina della Neve, ritorno al mio regno silenzioso e rallentato, dove non si spreca neppure una goccia di lacrima.